Anche in questo caso le tecniche e i materiali utilizzati sono molteplici.

Alcuni presepisti le realizzano creando una sagoma in polistirolo, aggiungendovi pezzi a piacimento e fissandoli con colla, chiodi o viti; il tutto viene sagomato con dei taglierini o semplicemente con le mani, asportando i pezzi risultanti in eccesso, poi la struttura viene coperta con un pezzo di iuta (si trova in commercio sotto forma di sacchi) e ricoperta con una colata di gesso preparato con abbastanza acqua e fatto riposare in modo che lo stesso, una volta asciutto, ma anche poco dopo essere steso, possa essere facilmente lavorato.

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Con una spatola si va a lavorare il gesso facendolo aderire bene alla iuta e poi, con un punteruolo o un chiodo, o con qualsiasi utensile si abbia a portata di mano, si vanno a creare dei solchi; questo perché, quando andremo a colorare le nostre montagne, questo tipo di lavorazione emergerà, rendendo più realistico il tutto.

Altri creano le montagne partendo da un blocco di gommapiuma la quale viene prima sagomata asportando il materiale con forbici o sempre con le mani, anche qui verrà ricoperta con il gesso preparato come nel precedente esempio e, sempre come prima, lavorata.

Altri ancora ricavano le montagne da blocchi di polistirolo molto denso di spessore 8/10 cm. asportando e lavorando il tutto fino ad ottenere il risultato desiderato con taglierini, spazzole d’acciaio e qualsiasi cosa possa servire allo scopo, anche in questo caso si andranno a ricoprire con del gesso e ulteriormente lavorate.

Personalmente utilizzo lastre di poliuretano; su una lastra disegno la sagoma della montagna, la taglio grossolanamente ed inizio ad apporvi degli strati, ottenuti dagli scarti di poliuretano dalle lavorazioni precedenti, sino ad avere degli strati a gradino dello spessore che desidero.

Successivamente inizio a lavorare il tutto, rendendolo abbastanza uniforme e della fattezza che più mi piace, con delle spazzole d’acciaio ed eliminando le parti in eccesso con un taglierino, dopodiché ricopro il tutto con del gesso, preparato per essere lavorato, e lo sagomo a piacimento.

Come avrete potuto notare queste tecniche si somigliano molto, diversificandosi nel materiale di base; personalmente non utilizzo polistirolo in quanto, dalla sua lavorazione, il materiale di risulta (fastidiosissimi pallini) è difficile da smaltire, attaccandosi ai vestiti e ritrovandoselo dappertutto anche dopo mesi.

Rocce o speroni rocciosi possono essere realizzati con stampi in gesso e poi assemblati ad una struttura; per creare uno stampo si prende un panetto di creta e lo si avvolge a pressione su di un sasso frastagliato e spigoloso della grandezza della roccia desiderata.

Ottenuto lo stampo lo si riempie con un preparato di gesso e acqua adatto a lavorazioni successive (abbondante acqua, poco gesso scagliola e lasciato agire per un buon quantitativo di tempo, sino a quando non raggiunge la consistenza di uno yogurt) e, una volta asciutto, lo si estrae dallo stampo che, essendo in creta, farà risultare facile tale operazione.

Anche con questa tecnica si ottengono buoni risultati, ma non tutti hanno la facilità di trovare in commercio nella propria città dei panetti di creta; personalmente prendo gli scarti del poliuretano, con la colla a caldo li assemblo insieme sino ad ottenere la forma che voglio dare alla roccia, la sagomo grossolanamente con un taglierino applicando incisioni e tagli decisi ed irregolari, successivamente la ricopro con il solito preparato di acqua e gesso scagliola, dopodiché la rifinisco a piacimento.

Ricordatevi che, qualsiasi tecnica si utilizzi, una volta creata la struttura la stessa deve essere ricoperta interamente da un preparato di acqua e gesso, questo per rendere uniforme il tutto e facilitarne la successiva colorazione.

Per realizzare speroni rocciosi il gesso non è ideale in quanto, dovendolo lavorare in altezza, il tutto risulterebbe difficoltoso, oltre ad avere una discreta fragilità; inoltre dovrebbe essere totalmente lavorato, facendoci impegnare molto tempo e con risultati che, se siamo privi di una notevole manualità, sarebbero decisamente scarsi.

Molto più semplicemente prendiamo una corteccia di larice; anche in questo caso se risultasse di difficile reperibilità in quanto la si trova solo nelle montagne del nord Italia, può essere sostituita da qualsiasi corteccia ricavata da legna da ardere per il camino di casa, l’importante che sia grezza in quanto, più è frastagliata ed irregolare e migliori saranno i risultati che si otterranno.

Con le mai o con l’ausilio di strumenti da lavoro la andiamo a sagomare nella forma desiderata dopodiché l’andremo ad applicare nella nostra montagna con delle viti.

Una volta fissata, come pure per gli stampi in gesso o le sagome di poliuretano, viene uniformata lateralmente al resto della montagna con una pasta ricavata dall’unione di acqua, gesso scagliola, fondi di caffè, polvere di pietra e terriccio, il tutto preparato in maniera abbastanza densa.

Tale impasto può risultare utile anche per riempire eventuali fessure non desiderate o per unire i vari pezzi delle nostre montagne; con questa tecnica, oltre gli speroni rocciosi, possiamo ricavare sempre parti rocciose da inserire nella montagna.

Gli esempi precedentemente illustrati servono a ricreare montagne o colline da collocare nel secondo piano, che successivamente andranno colorate e arricchite con vegetazione, aventi a seconda la collocazione geografica della nostra scena, parti più dolci oppure appuntite.

Se stiamo costruendo un diorama servirà dare alla scena un maggior senso di profondità e, per far ciò si andranno a realizzare montagne da collocare nel terzo piano; tali strutture saranno molto meno lavorate di quelle collocate nel secondo piano, prive di vegetazione e molto lisce.

Anche in questo caso è molto utile usufruire di materiale fotografico, come pure molto importante è la visione della realtà grazie alla quale ci si rende meglio conto di quanto poc’anzi esposto, dandoci la percezione per l’appunto reale della profondità.

Osservando la realtà ci si accorge di un’altra differenza sostanziale tra le montagne del secondo piano e quelle collocate nel terzo, i colori; difatti nelle montagne del primo piano i colori sono abbastanza marcati e decisi, con una vegetazione avente diverse granulometrie e differenti sfumature (verde, giallo, rosso), mentre le montagne del terzo piano sono indefinite, prive come dicevamo di vegetazione in quanto la loro distanza non permette all’occhio umano di percepirla, e di un colore indefinito, che varia a seconda della foschia, tra il blu, il celeste, il vinaccio (per maggiori chiarimenti si rimanda alla sezione della colorazione).

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